Il punto della situazione
Il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, tira le fila del discorso di fronte ad un dato triste: in Lombardia i casi di coronavirus tendono a calare, ma la provincia di Brescia è ancora una delle più colpite ed è in controtendenza, i dati non calano.
“C’è il tema della medicina di territorio, che forse è stata la causa dell’esplosione in Lombardia: non siamo riusciti ad arginare i focolai, a introdurre zone rosse dove c’erano segnali, a fare i tamponi nelle famiglie che convivevano con positivi o in quarantena” commenta Del Bono. Ed è probabilmente così, è stato dimostrato che non fare tamponi anche alle famiglie dei positivi ha contribuito all’escalation dei contagi.
Il problema dei tamponi
Un commento il suo che fa il paio con quello della vice sindaco, Laura Castelletti: “Tante persone oggi sono ammalate in casa, devono sapere cos’hanno e come sopravvivere, e se non vanno in ospedale devono essere seguite. Noi siamo in queste condizioni da settimane. I bresciani ci chiedono: perché non ci fanno tamponi? Perché in altre regioni le fanno? Hanno paura di morire a casa”.
Niente tampone, ad esempio, per la cassiera del Simply di Brescia di 48 anni deceduta in casa. Per infarto, secondo il medico legale, ma il suo è un caso di sospetto Covid. Niente tampone significa che non c’è possibilità per i suoi colleghi di avere certezza sulla causa del decesso anche con un virus così infido, per questo i lavoratori della sede pensano di astenersi dal lavoro fino al 29 marzo, quando saranno passati 14 giorni dall’ultimo contatto con la donna. A Brescia i positivi sono a quota 6 .298 con oltre 900 decessi, circa 70 ogni giorno.