Quando viene sottoscritto con una finanziaria o una banca un contratto previo ottenimento di un prestito, viene sempre prevista una clausola che riguarda gli interessi di mora. In pratica, sono quegli interessi che bisogna elargire all’istituto creditore quando il soggetto che ha ricevuto il prestito non paga entro i termini stabiliti appunto dal contratto. Espressi in percentuale, questi interessi vengono applicati all’importo che è stato concesso in prestito e per il periodo di ritardo su ogni singolo rimborso delle rate.
Termini e misura degli interessi di mora vengono stabiliti da entrambe le parti nel momento in cui viene sottoscritto il contratto di finanziamento. In caso di mancato accordo tra i due contraenti sull’entità specifica dell’interesse di mora, da enunciare formalmente nel contratto, viene applicato quello stabilito dall’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 231/2002.
La messa in mora del debitore, secondo l’articolo 1219 del Codice Civile, avviene dopo che lo stesso è stato avvisato verbalmente oppure tramite richiesta scritta. Nel caso in cui gli adempimenti sono già scaduti, la messa in mora del debitore avviene in automatico.
Un altro aspetto importante da considerare è la reputazione creditizia. Quando il debitore rimborsa il suo prestito in ritardo, quest’ultima diventa “cattiva”. Quindi, oltre a pagare gli interessi di mora, il debitore avrà difficoltà in futuro ad ottenere un nuovo prestito. Per quale motivo? Il rimborso in ritardo di una o più rate viene segnalata alla Centrale dei rischi finanziari (CRIF), dove il nome del debitore viene inserito in un database sotto l’epiteto di “cattivo pagatore”.