In crescita le richieste di mutui a tasso variabile

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Sono tornate a crescere le richieste di mutui a tasso variabile. Se a fine 2018 erano a malapena il 13,8%, nel primo trimestre del 2019 la crescita ha raggiunto il 17,1%. Di contro, il fisso è sceso dall’84,3% all’80,6%.

A determinare questa impennata è stata la BCE con i suoi segnali distensivi. Prima lo ha lasciato intendere, poi ha confermato che non si sarebbero verificati rialzi dei tassi d’interesse. Un’ottima notizia per chi intende sottoscrivere un mutuo, il quale spesso preferisce optare per il tasso variabile, certo più rischioso, ma più conveniente rispetto a quello fisso.

Inoltre, Mario Draghi, governatore della Banca centrale europea, ha confermato che il costo del denaro non verrà toccato almeno fino alla fine dell’anno. Insomma, tassi bassi ancora per molto tempo.

A pilotare spesso la scelta tra tasso fisso e variabile è la stessa durata del mutuo. Siccome il piano d’ammortamento di un mutuo prevede che la maggior parte degli interessi viene pagata a metà vita del contratto, il mutuatario non avrà nessuna preoccupazione su eventuali rialzi dei tassi, ma solo per la metà rimanente. Ad esempio: se una persona stipula un mutuo a 15 anni, i tassi dovrebbero rimanere invariati per i primi 7-8 anni. In poche parole, di fronte a mutui dalla durata inferiore a 15/20anni, il tasso variabile rappresenta la soluzione ideale.

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