Una cosa insolita sta accadendo nei mercati della volatilità: la misura europea delle oscillazioni delle scorte è rimasta al di sotto degli Stati Uniti. Un’anomalia in corso ormai da marzo e che solitamente non dura più di due giorni.
Ci sono ragioni che possano giustificare questa tendenza negativa? In effetti si. In primis, il grande settore delle banche, emerse dalla crisi, è ancora “inondato” dal denaro proveniente dalla BCE. In secundis, le aziende che emettono prodotti strutturati legati agli indici europei devono coprire la propria esposizione vendendo la volatilità, indebolendo ulteriormente l’indice VStoxx.
L’aspettativa è la riduzione dello spread negativo tra la volatilità europea e quella statunitense, ma per la normalità persa bisogna attendere il prossimo anno.
Le raccomandazioni in questa fase sono per un trading a lungo termine, varianza-swap, che si ripagherebbe se la volatilità dell’indice Euro Stoxx 50 fosse superiore a quella dell’indice S & P 500 entro dicembre 2019.
Il VStoxx europeo è sceso per la prima volta sotto l’indice di volatilità di Cboe a metà gennaio, con lo spread tra i due indicatori che ha toccato il minimo storico all’inizio di febbraio, quando lo scartamento degli Stati Uniti è salito vertiginosamente nel crollo del mercato. Il VStoxx è ora inferiore al VIX giornalmente dal 27 marzo.