Il governo vara il decreto correttivo che introduce la stretta sui voucher. Ma le richieste dei sindacati restano inascoltate.
Dopo l’annuncio, i fatti. Venerdì sera il Consiglio dei Ministri ha dato l’ok al decreto correttivo del Jobs Act che introduce una stretta sui voucher. D’ora in avanti i buoni lavoro del valore nominale di 10 euro, utilizzati per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, subiranno una tracciabilità che si crede possa permettere al governo di stanare eventuali abusi.
Per quanto rappresenti un passo in avanti, però, l’uso dei voucher continua a destare non poche perplessità nel mondo sindacale. I sindacati avevano chiesto infatti al governo che dall’utilizzo di questi buoni lavoro venissero esclusi interi settori e che venisse introdotto un tetto massimo di ore al loro impiego, affinché insomma “le prestazioni pagate con i voucher diventino effettivamente residuali e non la maggioranza”.
Ma cosa cambia, con la stretta introdotta dal governo? Il nuovo testo obbliga l’azienda a comunicare all’Ispettorato del lavoro quelli che sono i dati anagrafici del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con almeno 60 minuti d’anticipo prima dell’inizio della prestazione. Per il comparto agricolo, però, le cose saranno leggermente diverse e un po’ più stringenti.
La stretta sui voucher è stata voluta per frenarne l’abuso, cosa che effettivamente è accaduta negli ultimi anni visto e considerato che i buoni lavoro, pur in periodi di crisi economica più nera, sono cresciuti oltre ogni misura. Inps e Veneto Lavoro stimano infatti che i voucher siano diventati l’unica fonte di reddito per il 37% dei lavoratori che li ricevono.